Vite sospese: la condizione dei braccianti africani d’Italia con Marta Peradotto (Carovane Migranti) e Lele Odiardo (Comitato Antirazzista Saluzzese)
Il distretto agroindustriale saluzzese è uno dei più importanti d’Italia per la produzione di piccoli frutti, pesche, mele, kiwi. Ogni anno arrivano centinaia di lavoratori stagionali provenienti dall’Africa sub-sahariana, pendolari forzati delle campagne: d’estate all’ombra del Monviso, d’inverno al sud, in particolare a Rosarno e Foggia. La loro presenza, nonostante la prevedibilità del fenomeno, continua a essere considerata un’emergenza, affrontata prevalentemente in termini di assistenzialismo e ordine pubblico nonostante la realtà e l’esito di un recente, clamoroso processo per caporalato abbiano dimostrato l’urgenza di affermare innanzitutto i diritti di questi lavoratori, sui quali si sperimentano purtroppo le peggiori condizioni in termini di precarietà, flessibilità, sicurezza e salario.
Dal racconto di chi agisce per spezzare la catena dello sfruttamento e dalle voci dei lavoratori stessi, emerge l’immagine di una “Europa Fortezza”, in cui a circolare liberamente sono solo le merci e la forza lavoro migrante sfruttata e mercificata, mentre i confini – con la violenza dei loro muri e delle istituzioni che li presidiano – infrangono con brutalità i sogni, le speranze, la dignità e le vite di chi non si presta a generare profitto a costo zero.
Prenotazione consigliata a mr-to.edu@cultura.gov.it
Ingresso gratuito con il biglietto d’ingresso alla mostra Focus on Future. 14 fotografi per l’Agenda ONU 2030, gratuito under 18 e ridotto euro 2 dai 18 ai 25 anni.
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Lele Odiardo, educatore, dal 2010 segue da vicino le vicende dei braccianti stagionali dell’Africa subsahariana presenti nelle campagne del distretto frutticolo di Saluzzo (CN). Attivista del Comitato Antirazzista Saluzzese, partecipa da anni alle lotte contro lo sfruttamento lavorativo e per il diritto all’abitare. Ha curato il volume Di qua non sono libero. Storie di migranti e ordinario sfruttamento (2012), il documentario Invisibili. Appunti per un film sui braccianti africani a Saluzzo (2013) di Andrea Fenoglio, i testi di Cartoline da Guantanamo (2014) con le foto di Alex Astegiano e Andrea Fenoglio e scritto articoli sull’argomento per diverse testate. Nel 2022 ha collaborato al volume Vite provvisorie. Braccianti africani nell’agricoltura globalizzata di M. Buttino e B. Schiavone.
Marta Peradotto, insegnante, partecipa alla carovana #Overthefortress a Idomeni a marzo 2016 e visita vari campi profughi governativi e spontanei ad Atene, Salonicco e sulle isole greche (Lesvos). In Italia prende parte da indipendente ai presidi di Ventimiglia e Como e, con CarovaneMigranti, a tutte le carovane in Italia, Tunisia, Spagna, Ceuta e rotta balcanica. Nel 2018 partecipa alla XIV Caravana de Madres De Personas Migrantes Desaparecidas in Messico, che si conclude nel vertice mondiale delle madri delle persone scomparse organizzato in occasione del Forum Mondiale sulle Migrazioni, a cui intervengono anche le madri tunisine, algerine e subsahariane. In Italia segue anche le vicende dei braccianti, incontrandoli nel ghetto di Rosarno e manifestando per il riconoscimento dei loro diritti nel saluzzese.
CarovaneMigranti è un collettivo informale nato dalla volontà di favorire pratiche di interlocuzione e scambio tra realtà di lotta e di resistenza dei due lati del Mediterraneo e dell’America Latina. Nel 2014 organizza la prima Carovana per i Diritti dei Migranti, per la Dignità e la Giustizia che attraversa l’Italia da Nord a Sud e da allora ripete questa esperienza tutti gli anni: durante questo viaggio approfondisce ogni volta di più le relazioni con i gruppi di cittadini che, a vario titolo, supportano i migranti nei luoghi di sbarco, rivendicano con le famiglie l’identificazione dei corpi, sperimentano nuove forme di accoglienza dal basso, si oppongono alla militarizzazione dei territori, lottano per difendere un ambiente agonizzante, resistono alla criminalità combattendo lo sfruttamento lavorativo. Queste esperienze alimentano la consapevolezza che per rispondere al carattere globale dei processi di sfruttamento e marginalizzazione è necessario tentare di costruire risposte altrettanto globali, unendo le esperienze di testimonianza, resistenza e opposizione oltre i confini geografici, linguistici e culturali.